Casa è chiesa, luogo della vita

4 Aprile 2020 By Promotori

fonte: io celebro la pasqua pg. 123-124

Per abitare il mondo è necessario aver abitato una casa,
aver costruito una casa interna
che aiuti ciascuno di noi a sopportare gli spazi aperti
e a diventare abitatori del mondo.

Giovanna Giordano

Ci troviamo a vivere questo triduo nello spazio delimitato e significativo delle nostre case, che è solo uno degli spazi di relazione che costituisce le nostre vite. Veniamo riportati a dimensione della vita e dell’esperienza ecclesiale che solo parzialmente abbiamo riconosciuto nella nostra esperienza cristiana e spirituale. La casa e la famiglia sono state l’ambito in cui l’esperienza cristiana originaria si è andata configurando; la casa e la famiglia sono sempre rimasti nel corso dei secoli i contesti nei quali la prima proposta religiosa veniva trasmessa (spesso in modo inconsapevole) ai bambini. Eppure lo spazio della casa e le dinamiche della vita familiare, con il suo lessico e i suoi riti, raramente sono stati riconosciuti e valorizzati nella vita pastorale. Anche dopo il Vaticano II, nonostante il riconoscimento «della famiglia, come chiesa domestica» (LG 11; AA 11), la vita ecclesiale e pastorale si è concentrata sui locali parrocchiali, sugli oratori, sulla chiesa, sui luoghi cioè dell’assemblea liturgica e della vita comunitaria. La casa non è stata riconosciuta nel suo statuto proprio, come “luogo ecclesiale”, spazio del “farsi chiesa” sul fondamento della parola di Gesù «dove sono due o tre riuniti nel mio nome, Io sono in mezzo a loro» (Mt 18,20) nel tessuto vitale dei rapporti e dei vincoli «della carne e del sangue», degli affetti più cari, della compartecipazione vitale ed esistenziale più forte.

Come chiesa abbiamo bisogno oggi di “tornare a casa”, di “ri/mettere su casa”, di “sentirsi di casa”: nelle case celebriamo il cuore dell’anno liturgico, il triduo e la veglia pasquale. Nell’emergenza, che la pandemia ha creato, cogliamo una sfida a una riscoperta e a un rinnovamento: la scoperta di una comunità cristiana “plurilocata” e “presente nei luoghi dell’umano”, che non si esaurisce nel centro parrocchiale e nelle sue attività; un riplasmare il volto ecclesiale con uno stile familiare, maggiormente empatico, capace di condivisione, di dialogo e di gestione del conflitto; un acquisire un codice linguistico vitale, scevro da tecnicismi pseudoteologici e da aride concettualizzazioni dottrinali avvertite come lontane e insignificanti dai più.

Nella tradizione ebraica la casa costituisce uno spazio privilegiato in cui crescere alla luce della fede, in cui testimoniare la fede e in cui celebrare la memoria della salvezza operata da Dio. Casa è luogo in cui vivere e celebrare l’opera di liberazione compiuta da JHWH (Es 12; Gs 2; 1Re17). Gesù ha realizzato la sua missione messianica non solo nelle strade, nelle sinagoghe, nel tempio ma anche nelle case. Il Vangelo si inserisce nella storia a partire dalle case: la casa di Nazareth, dove Gesù cresce; le case in cui Gesù si rivela e in cui istruisce i discepoli (Mc 3,20; 4,33-34; 7,17.30; 9,28; Mt 13,36), in cui è accolto in amicizia e condivide la parola (Lc 10,38-42: Marta e Maria; Lc 19,1-10: Zaccheo), in cui compie guarigioni (Mc 1,29-31; Mc 2,1-5); le case dove vengono inviati i suoi discepoli (Mt 10,13-14); le case che sono luogo di banchetti, segni primi del Regno di Dio, fino alla stessa ultima cena con i discepoli (Lc 7,36-50; Mc 14,14.15). La prima comunità cristiana ha riconosciuto nella casa uno spazio dello Spirito, un luogo di evangelizzazione (At 5,42; 10,1-47; 20,20) e di celebrazione (At 2,46; 12,12-17). È chiesa presso la casa, di Priscilla e Aquila (a Efeso: 1Cor 16,19; a Roma: Rom 16,5), di Ninfa (a Laodicea: Col 4,15); di Lidia (a Filippi: At 16,15), di Cloe (1Cor 1,11) e Stefana (1Cor 1,16; 16,15): Non è solo “in” casa (in greco la preposizione è katà, non en), come luogo di ritrovo, ma è il gruppo umano (nell’antichità più ampio delle nostre famiglie, includeva i parenti, schiavi, liberti, salariati, talora soci e collaboratori).

La casa è prima di tutto luogo degli affetti, delle relazioni, in cui veniamo generati alla vita (casa natale) e in cui sperimentiamo sicurezza e identità, in cui ci sono dati legami forti e in cui veniamo educati al vivere. Lungi da idealizzarla, la casa è anche luogo di tensioni, di conflitti, talora gravi (che sfociano in violenze psicologiche e fisiche), ma anche luogo di riconciliazioni. Uno spazio che avvertiamo “nostro” e che definisce, in ogni caso, la nostra identità e il nostro riconoscimento. Parla di noi, ci parla.

La nostra casa è luogo primo oggi dove la Parola del Dio della vita risuona, portatrice di speranza e significato autentico, e spazio di celebrazione. Qui e ora, con immediatezza mai sperimentata, veniamo portati a riscoprire il fatto che per Gesù e per i cristiani non ci sono luoghi sacri e luoghi profani, tempi sacri e tempi profani, azioni sacre e azioni profane, persone consacrate e persone che non lo sarebbero: tutto è alla presenza della santità di amore di Dio il Vivente. Parole in/audite sgorgheranno in questo tempo e con parole nuove canteremo a Dio la nostra fatica, il nostro dolore, la nostra speranza, il nostro desiderio.

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