In cristo, creature nuove – terzo itinerario “battesimale”

5 Aprile 2020 By Promotori

fonte: io celebro la pasqua pg. 125-127

Eppure avanti di passare
all’altra riva, pace mi dona
il sapere quanto
saggia era la parola
dettami ancora fanciullo
da mio padre:
che a tutto doveva bastare
il battesimo; e di nessun’altra appartenenza,
libera vita fossi
a segno della stessa fede.

D. M. Turoldo

Fin dall’antichità nella notte di Pasqua si celebrano i sacramenti dell’iniziazione cristiana degli adulti, coloro che, raggiunti dall’annuncio del vangelo, hanno vissuto un lungo cammino di catecumenato, di scoperta del volto di Dio rivelato in Gesù e di maturazione nella fede cristiana. Per tutti, anche per coloro che sono stati battezzati nei primi giorni o mesi di vita, celebrare la pasqua è ritornare alla sorgente dell’identità: con il battesimo siamo stati “immersi” nel mistero pasquale di Gesù, siamo divenuti “nuove creature”.

Nelle celebrazioni domestiche di questo triduo, vogliamo riscoprire le dimensioni della nostra identità cristiana e, in particolare, approfondire il senso del “sacerdozio comune”, che non riguarda prima di tutto i riti e il culto, ma è primariamente “sacerdozio dell’esistenza” (LG 10-11): vogliamo perciò assumere in libertà e responsabilità la missione messianica che abbiamo ricevuto, come cristiani e come chiesa.

Il percorso orienta alla celebrazione della veglia pasquale, nella quale ascolteremo le parole della Lettera ai Romani (6,1-11) e proclameremo le promesse battesimali. Non ci soffermeremo sul gesto, sull’atto sacramentale del battesimo, ma penseremo – in ottica dinamica – alla nostra identità di battezzati/e: il battesimo è il principio e il dono di un’identità cristiana che è nel divenire, nella crescita, in realizzazione aperta; il battesimo è un dono a cui segue un’appropriazione, uno sviluppo dinamico, che avviene nella vita di tutti i giorni, in tutte le sue dimensioni, non solo in un contesto religioso o ecclesiale. In particolare nei giorni del triduo vivremo tre passaggi, che corrispondono ad altrettante dimensioni del battesimo: il giovedì santo ci soffermeremo sulla dimensione ecclesiale, il venerdì sulla dimensione cristologica, il sabato e la domenica sulla dimensione escatologica.

Nel battesimo viene riplasmata la nostra identità a partire da un dono di vita in Cristo, con Cristo, per Cristo: il nostro nome, che è inizialmente pronunciato alle porte della chiesa davanti alla comunità riunita e che esprime la nostra assoluta singolarità, viene ripronunciato al momento dell’immersione nel fonte battesimale unito al nome del Dio Padre, Figlio, Spirito. La nostra identità è configurata e determinata dalla relazione con Gesù Cristo, il profeta del Regno di Dio, con la sua morte e la sua risurrezione, perché, immersi nel mistero della sua morte, rinasciamo a nuova vita (Rom 6,1-11). Battezzati nella fede della chiesa, diveniamo soggetti co-costituenti il corpo ecclesiale, portatori di una parola unica di esperienza, di vita, di fede; la vocazione cristiana è sempre “con/vocazione”, perché Dio volle salvare e santificare non individualmente ma costituendo un popolo (LG 9): serviamo Dio e l’umanità non da soli, ma insieme. C’è infine, un’altra dimensione su cui poco riflettiamo: l’identità cristiana di coloro che sono rinati dal fonte è orientata e qualificata da un riferimento al “definitivo” di Dio ormai presente nella storia. In Cristo risuscitato la signoria del Dio della vita (il Regno di Dio, comunione con Dio e tra le persone e i popoli) segna già incoativamente la storia dell’umanità; nella fede in Gesù ne diveniamo partecipi in una forma nuova, consapevole e responsabile. Siamo uomini e donne a servizio del Regno di Dio, delle sue logiche trasformatrici e umanizzanti. Come scrive il teologo peruviano Gustavo Gutierrez, il battezzato vede e vive il mondo «secondo la risurrezione del Crocifisso».

Abbiamo ricevuto un’identità aperta, tra il già del Regno, che riconosciamo per la fede in Gesù, e il compimento non ancora avvenuto, ma desiderato, sperato, servito da tutti noi; una identità per certi aspetti “completa”, ma “in/compiuta”. Sappiamo che la nostra identità è ricevuta in dono dai nostri genitori, dalle persone che ci amano e che amiamo, dal dono di grazia di Dio nel battesimo; siamo chiamati a inverarla e attuarla fino al compimento del regno di Dio: «così anche noi possiamo camminare in una vita nuova» (Rom 6,4). Una identità responsoriale e responsabile. In Cristo viviamo un “sacerdozio” che non è fatto di riti o di culto nei luoghi e nelle logiche del sacro, della religione, ma è sacerdozio dell’esistenza: diamo culto a Dio donando la nostra vita per amore di tutti, come Gesù «offrendo i nostri corpi come sacrificio santo, gradito a Dio» (Rom 12,1-2). Abbiamo ricevuto e accolto una identità in divenire, di anticipo del Regno e di tensione verso il Regno di Dio nella sua pienezza, che si gioca in quella concreta trama dei rapporti umani che è la nostra, nel tempo e nello spazio delle nostre esistenze, del nostro lavoro, delle nostre scelte economiche e politiche, dei nostri affetti, delle nostre fatiche, delle nostre gioie. È questo che vogliamo riscoprire e celebrare in questo triduo, sapendo che

L’individuo, il cristiano in divenire, si trova collocato, inscritto, in un rapporto originario che dà alla sua vita un fondamento diverso dalla nascita biologica o dalla sua condizione presente. Il sacramento conferisce al soggetto una identità nella quale entrano in gioco e si intersecano significati che eccedono il suo essere naturale […]. Il cristiano è ora inscritto in una memoria fondatrice in vista di un futuro inedito; lo colloca in un Altrove fondatore che non coincide con lui e che gli permette di vivere la sua vita in modo altro.

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